La costruzione e le origini

La storia delle origini di Casa Verdi è documentata nel bellissimo libro, curato da Guido Lopez, che la Fondazione Giuseppe Verdi ha pubblicato nel 1988: un’occasione per trovarsi in mezzo a documenti e immagini. Vicenda interessante, fattiva, quella della costruzione. Testimonianza di quelle azioni che si compiono, o almeno le persone di talento e generosità compiono, ancor prima di avere uno scopo prefissato ma già determinati sul senso di questo scopo. “Ho acquistato, è vero”, scrive Verdi a Giulio Ricordi nell’ottobre 1889, “tremila metri di terreno non fuori di Porta Vittoria, ma di Porta Garibaldi. Come altre volte, potendo disporre di qualche somma ho acquistato titoli di rendita, così ora offertami l’occasione ho comperato questo terreno, ma senza idea fissa di quello che ne farò o ne potrò fare. È denaro impiegato, bene o male non so, ma senza progetto”. Quale importante destinazione potesse avere questo acquisto cominciava a profilarsi negli anni successivi. Verdi era restio a concedere piccoli sussidi, prestiti, aiuti a breve termine.

Andava invece maturando il desiderio di aiutare quelli che chiamava compagni meno fortunati. Voleva però programmare questo aiuto, non soltanto alla grande, ma anche con precisione assoluta, per cui voleva essere informato su che cosa potesse contare delle sue rendite fino all’ultimo centesimo. Nel 1895, comunque, Verdi e la moglie vennero a Milano a incontrarsi con Camillo Boito, architetto a cui sarebbe stato affidato il progetto della Casa, l’appalto dei lavori dato ai fratelli Noseda, imprenditori edili, è del 16 aprile di quell’anno. Sul contratto si legge per l’ultima volta “Ricovero per Musicisti”. Ma subito dopo si cominciò a seguire la precisa indicazione di Verdi, che non vorrà mai parlare di ricovero, ma di riposo, non di ricoverati ma di Ospiti: “I miei Ospiti”, diceva. Appunto, gli Ospiti di Casa Verdi, come continuiamo a sentirli.
Le spese sfondarono il preventivo, e per parlare del valore del patrimonio immobiliare costituito dal terreno e dall’edificio possiamo leggere la denuncia, che porta a 412.369 lire.

Ma si tratta di una cifra legata alla tassa del Registro, quindi è da pensare che sia minore della realtà. È molto difficile riuscire a valutare una cifra espressa in moneta, quando le condizioni del potere d’acquisto sono così differenti da secolo a secolo, ormai quasi di anno in anno. Ma, tanto per farci un’idea, nel più vecchio documento di Casa Verdi, 8 giugno 1892, leggiamo che un certo Giovanni Riccardi si impegna a tenere sgombro il luogo e con l’erba tagliata per 50 lire l’anno.

Casa Verdi, all’inizio, nasce per cento Ospiti, in proporzione equilibrata fra uomini e donne (non oltre sessanta e quaranta). Non ci sono camerate, ma stanze, e all’inizio è previsto che siano non singole, ma per due persone: in modo che possa esserci assistenza vicendevole. È escluso ogni tipo di uniforme (all’inizio però si cercò di instaurare almeno uno stile, vestendo tutti gli uomini dell’ultimo Verdi...).

È una condizione che mutò negli anni, sia nella struttura della casa, che fu ampliata, sia nel proporzionare le nuove possibilità di vivere una privacy decorosa alle esigenze di assistenza e aiuto. Cucine, bagni, naturalmente furono via via adeguati alle possibilità del progresso. Insomma, Casa Verdi è uno dei rari luoghi dove, leggendo i documenti e osservando l’edificio e conoscendo le persone, si ha l’impressione di qualcosa di onesto e coerente, di un’idea ben fondata che procede con naturalezza, senza illusioni, ma senza debolezze.