The Guests tell their stories

Angelo Loforese

D: Quando e dove è nato?
R: A Milano il 27 marzo del 1920.

D: Quindi sicuramente ricorda una Milano diversa da oggi, vero?
R: Sì, era una Milano molto diversa.

D: In quale zona abitava?
R: In via Stoppani, zona Venezia.

D: A quale età ha sentito che la musica era l’arte, il settore più bello della sua  vita?
R: Da bambino ascoltavo da un grammofono di mio padre Gaetano, cantante di  musica lirica, dilettante, dischi di Caruso e di altri cantanti famosi e bravi  dell’epoca.

D: C’è un Suo inizio canoro?
R: Facevo parte con altri amici di una Parrocchia ove si esibiva un coro. Sempre i  miei amici mi hanno invitato a chiedere a don Edoardo di voler entrare nel  coro. Mi hanno provato la voce, hanno riscontrato un tono baritonale e ho  iniziato a far parte di questo coro. L’organista, senza alcuna mia intenzione, mi  consigliò di studiare canto (pensate, non lo fece neanche mio padre!), cosa che  feci portato dallo stesso organista da una insegnate, Anna Coiachelli,  principessa profuga russa.

D: Come prosegue l’apprendimento?
R: Ho studiato dai 18 anni con questa insegnate come baritono-basso e poi  purtroppo in epoca bellica ho interrotto lo studio e fui arruolato nell’esercito  nel Terzo Bersaglieri del Reggimento di Enrico Toti.

D: In seguito?
R: Sono stato internato in Svizzera. Qui ho conosciuto un cantante maestro  svizzero che mi ha insegnato a cantare Wagner e Haendel in stile tedesco. A  Milano, dopo la guerra, il famoso baritono Antenore Reali organizzava dei  sabato sera di canti lirici. Io vi partecipai e cantai il Largo di Haendel. Sempre  lo stesso baritono, sapendo di uno spettacolo con esibizione di cantanti tedeschi  a Monaco di Baviera (si dice che quello fosse il luogo più titolato per cantanti  baritoni tedeschi), mi invitò a parteciparvi. Io, ignaro di questo luogo  potenzialmente così titolato, andai serenamente. Cantai il Largo di Haendel, in  italiano, e in seguito seppi che un critico musicale su un quotidiano tedesco  così si espresse sulla mia esibizione: “Questo italiano, venuto da Milano, ha  cantato il Largo di Haendel in italiano e devo dire che ha insegnato ai nostri  baritoni tedeschi come si canta Wagner!”. Rimasi molto sorpreso, ma  ovviamente anche compiaciuto,

D: A quale età ha cominciato la professione vera e propria?
R: A 28 anni come baritono, sotto la guida di Primo Montanari, tenore, marito del  soprano leggero Lina Pagliughi e ho cantato in 11 opere.

D: Io La conosco e ho potuto constatare dai filmati che qui a Casa Verdi hanno  trasmesso, la Sua grande carriera come tenore. Quando inizia il cambio?
R: Studiando un anno come baritono con Emilio Ghirardini, questi ritenne che la  mia voce fosse più da tenore che da baritono. Ho accettato questo  suggerimento e ho debuttato con “Il Trovatore”. 

D: So della Sua brillante carriera e quindi non possiamo descrivere tutti i teatri che  ha frequentato e le opere che ha cantato. Facciamo un bilancio.
R: Ho cantato 75 opere da tenore in tutto il mondo. Quando mi chiedono dove ho  cantato così mi esprimo: da Helsinki a Città del Capo e da Tokyo a Buenos  Aires. 

D: Carriera invidiabile e credo - questa è la mia opinione condivisa anche da  medici – che la musica aiuti molto, oltre che ad appagare la nostra sensibilità e  il nostro talento, anche a stare in buona salute e longevità. Grazie Maestro  Loforese, come ultima domanda le chiedo: Come si trova a Casa Verdi?
R: Si sta bene, c’è una buona accoglienza, c’è buona musica, qualche ricevimento,  qualche concerto e si condivide con altri la passione musicale.

Bene. Grazie ancora Maestro Angelo e Le auguro lunga vita e buon ascolto e trasmissione di consigli agli studenti di Casa Verdi!

Intervista di Leonello Bionda

Raimondo Campisi

D: Dove sei nato?
R: A Heliopolis, Egitto. Mio nonno Salvatore, nato a Messina, suonava l’oboe  nell’orchestra sinfonica San Carlo di Napoli e in seguito venne alla Scala di  Milano. Quando Verdi compose “Aida”, all’inaugurazione l’Orchestra della Scala andò in Egitto per la rappresentazione  dell’opera e mio nonno, avendo sposato la milanese Elvira Trotta, la portò  con sé; era incinta, e in Egitto partorì mio padre Oreste che diventò pianista e  direttore d’orchestra del Teatro dell’Opera al Cairo. Di conseguenza io nacqui  in Egitto da mia madre Maria Cerfoglia, pure lei pianista e – negli ultimi anni  della sua vita - Ospite di Casa Verdi.

D: Ecco le tue origini, non potevano dare come risultato il pianista virtuoso che ci  troviamo di fronte…dove? A Casa Verdi!!! Che bella combinazione! Quindi, ovviamente, tu hai studiato pianoforte guardando ed emulando tuo  padre e tua madre. E poi?
R: Frequentai al Cairo il Conservatorio “Thiegerman”, pianista, fondatore e  discendente dalla scuola di Chopin. Ho frequentato i suoi corsi e a dieci anni  siamo rientrati a Milano e qui ho studiato privatamente con il M° Mozzati.

D: Ti sei diplomato, come mi dicesti, al Conservatorio di Milano e hai vinto  numerosi concorsi internazionali come Versailles, Seregno, Treviso, Taranto,  Enna, Barcellona. Ti ho sentito più volte. Mi ha sorpreso ed entusiasmato la tua  versatilità verso la musica jazz e comunque verso tutti i generi musicali, purché  ti piacciano, avendo facilità nell’improvvisazione. Ti sei dedicato anche alla  composizione?
R: Sì, ho composto diverse musiche per musical, film, jazz e classica moderna.

D: Come ti mantieni così in forma con il pianoforte e anche fisicamente?
R: Con la musica, con l’amore, con Casa Verdi e con molti amici che si trovano  qui, come te, caro Leonello.

D: Quali sono i tuoi progetti?
R: Spero di suonare a lungo per continuare a comunicare e a conoscere  persone  sensibili alla musica perché questo mi permette di tenermi in forma.

D: Tu vivi anche in Francia e qual è la cosa che più ti piace oltre alla musica?
R: Il mare, la barca a vela e il vento.

D: Originale! E questo mi esorta a chiederti perché non componi dei brani dedicati  specificatamente a queste tue passioni.
R: Li ho composti, ne farò altri e li suonerò per voi.

Grazie Raimondo, sono contento di averti conosciuto e di considerarmi tuo amico; la tua vita è come un romanzo. Ti auguro ogni bene.
 

Intervista di Leonello Bionda

Micheline Barrey

D. Cara Micheline, noi ci conosciamo da tanti anni e con “noi” mi riferisco  naturalmente anche al caro Mario, tuo marito e mio collega batterista che,  purtroppo, ci ha lasciati tempo fa. In questa chiacchierata però io mi rivolgo soprattutto a te e ti chiedo quando e come è iniziata la tua passione per la musica e la danza.
R. Dall’età di sei anni, ballavo istintivamente e continuamente con un piacere fortissimo.

D. A quale età hai iniziato a studiare veramente il ballo?
R. A nove anni i miei genitori mi hanno iscritta al Teatro de Chatelet dove  per otto anni ho studiato danza classica.

D. In seguito?
R. Ho esercitato la professione in diverse località francesi con la musica  classica e anche moderna in opere e operette.

D. Tutto questo per quanto tempo?
R. Per cinque-sei anni.

D. E poi?
R. Ho incontrato in Turchia, ad Ankara, Mario Lamberti, professore diplomato in percussione che suonava in un’orchestra italiana in un teatro  di rivista e musical.

D. Il famoso incontro fatale?
R. Ebbene sì. Dopo sei mesi dal primo incontro, ci siamo sposati. Io avevo  23 anni e Mario 24.

D. E poi?
R. Ho costruito una famiglia con due figli magnifici e ho esercitato il ruolo,  credo importante, di moglie e madre.

D. Ora ti trovi, anche su indicazione mia e di mia moglie, in questa Casa Albergo per musicisti pensionati, grazie all’idea geniale del grande musicista Giuseppe Verdi e – dimmi – come ti trovi?
R. Magnificamente bene; naturalmente tutto è migliorabile, però nel complesso mi trovo a mio agio e ho anche incontrato alcune persone amiche.

D. Posso dire, e questa è una mia considerazione, che qui si trovano ovviamente persone di età molto avanzata. Quindi, cosa dici, Michelina, ci auguriamo di durare a lungo?
R. Certamente, però in buona salute.

Grazie Micheline per la tua disponibilità e simpatia. Ci siamo conosciuti bene anche prima di entrare a Casa verdi e io ho un bel ricordo di te e di tuo marito Mario Lamberti, che era un simpaticone, sempre allegro e pieno di battute divertenti oltre ad essere un ottimo percussionista.
 

Intervista di Leonello Bionda

Marcello Turio

D. Caro Marcello, noi ci conosciamo da un po’ di tempo e condividiamo l’amore e  l’affetto per la musica: tu nel campo della musica classica ed io nella musica jazz. Questo incontro è per rivelare molti aspetti della tua vita che possono non essere noti a tutti noi di Casa Verdi. Caro Marcello, a che età ti sei sentito attratto  dalla musica?
R. Mia madre, Ada Tommasi, si dilettava a suonare il pianoforte e gestiva la mia famiglia con grande carattere e volontà. Famiglia composta da mio fratello Enrico,  di dieci anni maggiore di me e altri due nipoti, ventenni, un maschio e una femmina. Mia madre mi ha inizialmente indotto a suonare il pianoforte, io invece mi sentivo  più attratto dal violino, tanto che iniziai a studiarlo. In un trasferimento verso Roma  che aveva come obiettivo la mia iscrizione all’Accademia di Musica Farnesina, ci  fermammo a Bologna dalla sorella di mia madre, Maria, che a conoscenza delle nostre intenzioni propose a mia madre di farmi sentire dal prof. Barera, del Liceo  Musicale “G. Martini”. E qui nasce tutto! Infatti, tale professore convinse mia madre  a lasciarmi da lui a studiare ed io, vivendo in casa di mia zia, che tra l’altro non aveva figli, circondato da un grande affetto, unito a quello del marito Pietro, accettai  di buon grado.

D. Come procede il tuo apprendimento?
R. Studiavo al Conservatorio. Il prof. Barera mi curava personalmente invogliandomi  sempre più a studiare. A diciotto anni mi diplomai a pieni voti.

D. A questo punto cosa fai?
R. Fui chiamato dall’esercito per assolvere il mio dovere di soldato. Siamo nel 1940. Il mio capitano, cosciente della mia professione, mi mandava spesso nel Circolo 
 Ufficiali a suonare, quindi non ho mai smesso di esercitarmi. In sostanza, lo strumento mi ha salvato dall’essere nella naia e trasferito al fronte.

D. Dopo cosa succede?
R. Tornai a Milano e avendo l’impresario Remigio Paone, gestore del Teatro Nuovo in  piazza San Babila, organizzato i “pomeriggi musicali” che si svolgevano il sabato pomeriggio, fui assunto nel complesso di musica da camera.

D. Suonavi sempre il violino, e la viola?
R. Non ricordo bene il passaggio all’altro strumento. Posso dire che quando studiai il  violino, nell’applicazione complementare all’ottavo anno, era obbligatorio un esame  di viola. In quell’occasione ho capito che quello era il mio giusto strumento.

D. Dopo i pomeriggi musicali, cosa avviene del prof. Marcello?
R. A questo punto mia moglie Antonietta, sempre molto attenta alla mia carriera, mi iscrisse a mia insaputa, al concorso di viola per l’Orchestra della Scala. Mi misi a  studiare molto intensamente e quando feci l’audizione, fui accettato con grande  gioia mia e di mia moglie.

D. Grande successo, dunque! E alla Scala come ti trovavi?
R. Tra le dodici viole ero la dodicesima, perché come primo ingresso, pur avendo vinto  il concorso, questa era la prassi, ovvero avevo vinto l’ingresso nella sezione viole.

D. E poi?
R. In seguito -  diciamo inspiegabilmente – mi trasferirono al primo leggio, a fianco  della prima viola, ruolo di grande responsabilità, perché dovevo sempre essere pronto a sostituirla.

D. Marcello, eri veramente in cima al ruolo di successo anche perché tutto si svolgeva  nel teatro più importante del mondo! So, perché me lo avevi già raccontato, che tu  avevi alla Scala anche un ruolo organizzativo importante, come quando dovevate  andare a Mosca per un mese e tu sei stato inviato prima di tutti per organizzare la  permanenza di tutti i complessi scaligeri, vero?
R. Certo, diciamo che ero abbastanza bravo anche in questo ruolo.

D. Quando sei stato scelto nei “Virtuosi” di Roma, complesso famoso nel mondo, diretto dal M° Fasano?
R. Nei “Virtuosi” era andata via la seconda viola e il M° Fasano ha chiamato me.

D. Come gestivi i due ruoli, Scala e “Virtuosi”?
R. Con dei permessi.

D. Sempre così?
R. No. In seguito ho scelto di stare solo con i “Virtuosi”.

D. Sei stato con loro per molti anni e hai girato il mondo. Hai qualche episodio da 
 raccontarmi?
R. In Giappone, dopo un concerto, come prassi, il pubblico veniva sul palco con il programma che noi firmavamo. Mi ricordo di un bambino di sei o sette anni che 
 timidamente si è presentato con il programma da firmare: ci ha commosso tutti.

D. Da quanto tempo sei a Casa Verdi?
R. Dal 7.7.2007!

D. Come ti trovi? 
R. Bene, perché qui la musica è sempre presente.

Caro Marcello, hai fatto una carriera entusiasmante, puoi esserne orgoglioso e hai dimostrato oltre che grande attitudine artistica, anche un fisico eccezionale. Bravo e grazie!
 

Intervista di Leonello Bionda

Irene Domowicz

D. Cosa rappresenta per te la musica?
R. È la mia vita, al punto che a quindici anni dissi a mia madre Victoria che se non studiavo musica mi sarei buttata sotto una macchina!

D. In famiglia c’era già questa componente artistica?
R. Il nonno cantava, la nonna pure, mio padre suonava il pianoforte, mia madre pure cantava.

D. Mi dici di essere figlia unica, dove sei nata?
R. A Lublino, in Polonia, città famosa nel mondo per la presenza dell’Università Cattolica ove studiò Papa Giovanni Paolo II.

D. I tuoi primi studi quando iniziano?
R. Ho frequentato le scuole elementari e medie per sette anni, quindi ragioneria. Contemporaneamente studiavo teoria e solfeggio, chitarra e anche canto.

D. Quindi già molto impegnata. Come prosegue la tua vita di studentessa?
R. A sedici anni già mi esibivo con la chitarra e cantavo un repertorio di musica  popolare di varia estrazione: italiana, messicana, irlandese, russa, con successo.

D. Dopo questi successi come ti sei convinta che la musica fosse il tuo unico percorso?
R. Dopo il diploma di ragioneria, ho esercitato l’attività di contabile in un tribunale e,  confrontando le due professioni, ho capito che dovevo occuparmi esclusivamente di  musica.

D. Andiamo avanti.
R. Mi sono trasferita a Poznan, sostenuta dal mio carissimo zio che mi ha fatto dare  l’esame per l’ammissione al Conservatorio musicale, esame superato. Qui ho studiato pianoforte, tutte le materie musicali e il belcanto italiano.

D. Quindi?
R. Dopo il primo anno, ho cantato nell’opera “La Favorita” di Donizetti, con grande  mio piacere e successo, tanto che ciò mi ha esonerato dal pagamento di rette e tasse scolastiche.

D. Quindi tua grande soddisfazione e studio continuo. Qual era il traguardo?
R. Il mio traguardo era il continuo miglioramento per raggiungere il mio massimo potenziale.

D. Ora che cosa prospetta il tuo futuro?
R. Ho cantato nelle operette, il tutto con tale successo che mi ha procurato un contratto  a vita.

D. Evviva, quindi eri felice, soddisfatta?
R. Per niente. Ritenevo il repertorio troppo facile e semplice e quindi, dopo sei mesi,  mi sono iscritta all’Accademia di Breslavia, dopo una ferrea selezione. Sono stata  ammessa, ottenendo uno stipendio statale, annullando l’altro contratto con  l’operetta.

D. In che epoca siamo?
R. Dal 1962 al 1967. Durante questi anni svolsi intensa attività concertistica come solista in opere liriche e musica contemporanea, anche di prima lettura. Inoltre, e  precisamente nel 1966, sono stata anche solista nella Filarmonica di Pomerania.

D. Successivamente?
R. Ho preso il dottorato in arte musicale. Mi adoperai fino al 1971 in tournées in tutta  Europa, sempre come solista nella Filarmonica di Pomerania, con diverse formazioni orchestrali. Inoltre ho interpretato diversi film musicali e ho registrato  numerosi dischi. Fuori dall’Europa mi sono esibita a Caracas, in Venezuela.

D. Dopo questa massa di grande attivismo, quando arrivi in Italia?
R. Nel 1972 venni in Italia, raggiungendo mia madre Victoria sposata in seconde nozze, da vedova, con un italiano, Felice, e ho incominciato tutta daccapo.

D. Spiegami.
R. Ho iniziato a cantare musiche popolari italiane con un repertorio di circa venti brani  e con una mia orchestra ho fatto centinaia di concerti con successo, soprattutto in alta Italia. Tutto questo alternando esibizioni di arie d’opera.

D. Sei stata una operatrice artistica esuberante e poliedrica.
R. Sì. In seguito, trasferitami a Napoli, dopo aver conosciuto e sposato il mio attuale  marito Luigi Soviero, ho fatto sempre molti concerti con repertorio però napoletano,  al quale mi sono molto appassionata.

D. Dopo a cosa ti sei dedicata?
R. Ho fondato una scuola privata per l’insegnamento del pianoforte, della teoria, del  solfeggio e della cultura musicale. Ho svolto questa attività per tre anni. In seguito, trasferitami a Milano, ho fatto il concorso per una cattedra di educazione musicale  presso le scuole medie e ho insegnato fino al 2006, gestendo contemporaneamente  la mia scuola privata. 

D. Hai cantato ancora?
R. Sì, presso la Filarmonica “La Verdi” in piazza Gustavo Mahler, con il grande direttore Romano Gandolfi e ho cantato anche, finalmente per accontentare qualcuno, nel Coro della stessa Filarmonica con la direzione d’orchestra di Riccardo  Chailly.

D. In Casa Verdi quando entri?
R. L’8 gennaio 2013.

D. Come ti trovi?
R. Abbastanza bene, sapendo scegliere le persone adatte a noi e viceversa.

Cara Irene, sei un fenomeno umano e professionale, lasciatelo dire: hai svolto un’attività mostruosa grazie al tuo talento, la tua volontà e il tuo fisico. Puoi essere orgogliosa! 
Ne hanno tratto giovamento il tuo animo e soprattutto tuo figlio Claudio, emerito virtuoso pianista, e tuo marito Luigi, amorevole compagno.
Brava e grazie!

Intervista di Leonello Bionda

Bissy Roman

D: Dove sei nata?
R: In Romania, a Braila, città portuale sul Danubio.

D: Come ti sei avvicinata alla musica?
R: Prima di tutto devo dire che ho aperto gli occhi su una stanza in cui vi era un pianoforte suonato da mia mamma Paolina. Ho cominciato come autodidatta a cinque anni.

D: Come prosegue il tuo apprendimento?
R: Ascoltavo i dischi d’opera e d’operetta molto amate da mio padre Luis. Tutto ciò mi è entrato nel cuore e nella mente.

D: Andiamo avanti.
R: I miei genitori, capendo la mia attitudine alla musica, mi hanno indirizzato da una insegnante di pianoforte, allieva del grande Alfred Cortot. Da lei ho appreso i rudimenti tecnici pianistici su un pianoforte Pleyel, appartenuto a Cortot. Voglio rimarcare che quelli erano anni molto duri, vi era una guerra in corso e l’occupazione tedesca era disagevole ogni giorno di più. Io studiavo appassionatamente otto ore al giorno. I militari tedeschi mi ascoltavano con intensità e forse nostalgia e mi premiavano con qualche prodotto alimentare. Da questo deduco che la musica dà umanità. 

D: Tutto ciò accadde quando tu avevi circa quattordici anni, poi?
R: Finita la guerra, sono riuscita ad evadere dalla mia città e, con mio padre, mi sono diretta verso la capitale Bucarest dove, al Conservatorio, ho sostenuto un esame molto impegnativo che mi ha permesso di esservi ammessa. Oltre al Conservatorio mi sono iscritta alla facoltà di pedagogia e psicologia dell’Università di Bucarest: avevo diciotto anni. 

D: E la musica?
R: Studiavo sempre, ma le condizioni di studio erano più difficili non avendo, come prima, la disponibilità dello strumento. Tuttavia, un grande musicologo, George Breazu, mi ha indirizzato verso uno studio approfondito della sua materia. Nello stesso tempo, per mia aspirazione, mi sono dedicata allo studio del canto lirico con bravi professori che mi seguivano bene, mi apprezzavano e mi incoraggiavano.

D: Dopo tutto ciò cosa succede?
R: Dopo cinque anni di Conservatorio, dove mi sono diplomata, ho vinto una borsa di studio per continuare a perfezionarmi in Russia, al Conservatorio “Rimsky Korsakov” a Leningrado, dove sono rimasta sei anni.

D: Cosa ottieni?
R: Una laurea in musicologia e regia teatrale operistica. In seguito sono ritornata a Bucarest dove mi hanno assegnato una cattedra di storia della musica; ho istituito un corso di storia dell’opera e ho organizzato concerti per i giovani studenti. Alcuni di loro hanno poi intrapreso carriere internazionali e sono diventati famosi in tutto il mondo come Viorica Cortez, Silvia Violinea, Marina Crilovic e molti altri. 

D: Dopo questa valanga di risultati cosa fai?
R: Il mio desiderio di libertà, sempre più forte in me, mi ha portato fuori dalla Romania che si trovava sotto la dittatura comunista di Ceausescu. Ho vissuto a Londra, a Parigi e a Roma dove mi sono presentata all’Accademia di Santa Cecilia e ho incontrato il M° Fasano, direttore d’orchestra, che mi ha proposto di rimanere per seguire un corso di belcanto italiano. Mi hanno dato una piccola borsa di studio e mi sono diplomata in tre anni.

D: A Roma quanto sei rimasta?
R: Quasi vent’anni poiché avevo creato una scuola privata dove ho insegnato a molti studenti italiani e stranieri che hanno vinto concorsi nazionali e internazionali e hanno intrapreso carriere importanti.

D: Dopo dove vai?
R: Avendo molti studenti pugliesi, sono stata invitata a dare lezioni musicali di canto a Molfetta, dove rimasi per tre anni. Dopo alcuni concerti in varie città italiane, sono stata invitata da alcuni cantanti americani a visitare New York e in questa città sono stata presentata dai miei studenti rumeni a professori della New York University che, in base al mio curriculum, mi hanno proposto di insegnare per dodici anni, dal 1986 al 1997. In questo periodo ho tenuto master class estivi e ho allestito a Gubbio, in Italia, un’opera musicale incompiuta di Mozart, dal titolo “Lo sposo deluso”. Successivamente spontaneamente sono andata a Parigi per godermi l’arte europea in tutte le sue espressioni. Anche qui ho insegnato, privatamente, canto e musica. Il mio ricordo più bello è la messa in scena di uno spettacolo poetico – musicale. In seguito (dopo un nuovo soggiorno in Puglia) sono arrivata qui a Casa Verdi. 

D: Ci siamo conosciuti qui a Casa Verdi. Come ti trovi?
R: Mi trovo bene perché qui ritrovo il mio ambiente musicale che mi ha circondato per tutta la vita.

La mia ormai amica Bissy si rende conto di quanto abbia fatto nella vita e ha quasi il dubbio di non essere credibile! Ciò è comprensibile, cara Bissy, però la memoria, l’orgoglio di ciò che hai fatto, i risultati, i tuoi studenti diventati famosi testimoniano quanto siano veritiere le tue affermazioni, senza alcun dubbio. Grazie Bissy, tu hai vissuto più vite perché il tuo curriculum è così ricco di episodi umani che potrebbe diventare un romanzo storico – musicale con più capitoli.

Intervista di Leonello Bionda

M° Anthony Kaplen

D. Dove sei nato?
R. In Sudafrica, a Pretoria, nel 1929.

D. I tuoi genitori?
R. Il papà era libanese, nato a Beirut, emigrato in Sudafrica a diciotto o vent’anni e la  mamma, nata in Sudafrica da genitori libanesi e francesi.

D. Come arriva la musica ad Anthony?
R. Soprattutto da mia madre Alice che aveva una splendida voce da soprano. Senza essere una professionista, cantava come solista nelle chiese, nelle scuole o in manifestazioni dove era richieste una bella voce.

D. Tu, nato in Sudafrica, ti senti influenzato da qualche stato europeo?
R. Mi sento sudafricano, pur parlando l’inglese, l’olandese (da cucina…), e francese,  quest’ultimo solo in famiglia.

D. I tuoi studi come si sviluppano?
R. Liceo classico e quindi università in ambito letterario.

D. Lo studio della musica?
R. A sette anni ho avuto una bravissima insegnante inglese, professoressa Graydon.  Con lei ho studiato pianoforte e musica: teoria, solfeggio, storia e anche canto. Poi a  undici anni, mi ha detto di smettere di cantare perché la voce stava cambiando.  Mi  ha fatto riprendere a quindici anni e mi ha assistito fino a ventiquattro anni. Comun que, a partire dai ventuno anni ho svolto attività canora teatrale in opere, operette e  commedie musicali. Ho anche scritto il testo di una commedia musicale che ha avu to un buon successo.

D. Quando ti avvicini all’Italia?
R. Dopo la seconda guerra mondiale, arrivavano in Sudafrica molte compagnie di can to italiane, tra alcune delle quali, vi sono stati anche il celebre tenore Beniamino Gi gli e la figlia Rina che mi hanno influenzato nella loro forma artistica invogliandomi  a venire in Italia per perfezionarmi.

D. Quando sei arrivato?
R. Nel 1960, sono arrivato da Londra, dove per un anno ho studiato interpretazione  musicale e recitativa, perché gli inglesi sono bravissimi nei movimenti scenici. 

D. Come ti inserisci nel mondo musicale?
R. Mi sono stabilito a Milano dove un mio amico mi presentò ad un insegnante di canto  e musica presso la Scuola Musicale di Milano.

D. Come si sviluppa la tua attività artistica?
R. Verso la musica del ‘700 con autori come Pergolesi, Stradella, Cesti.

D. In quali città?
R. A Ravenna, Cesenatico, in Sicilia, a Napoli, Genova, Roma, poi in Francia a Cannes  e Nizza. Anche in Svizzera, a Lugano e Berna e poi in Austria, a Vienna e a Salisburgo.

D. Come esperto di canto, quali cantanti ti piacciono?
R. Caruso, Gigli e la Callas, soprattutto per le sue interpretazioni aderenti all’autore e  al personaggio.

D. Ora sei qui in Casa Verdi: come ti trovi?
R. Mi trovo bene, anche se mi piacerebbe uscire di più, ma le scale (non quelle musica li…) e gli acciacchi mi sono un po’ di ostacolo. 

D. Caro Anthony, hai svolto una vita nell’attività musicale e intellettuale ricchissima e  molto varia. Nonostante ciò hai qualche rimpianto?
R. No, nessun rimpianto. Ho conosciuto stupende persone che mi hanno arricchito enormemente lo spirito e grazie a ciò sono soddisfatto di quanto ho fatto e spero farò  in futuro.

Grazie Anthony, sei una persona splendida, ricca di notizie originali e di cultura. Questa intervista potrebbe, dovrebbe continuare a lungo perché hai argomenti anche storici interessantissimi. Grazie!

Intervista di Leonello Bionda

Angelo Rotunno

D: Caro Angelo, a che età hai cominciato a interessarti di musica?
R: Già da piccolo studiavo teoria e solfeggio e suonavo con la fisarmonica il Preludio  de “La Traviata”! Tieni presente che ho vissuto sempre in mezzo alla musica perché mio padre, Angelo, suonava il sassofono baritono e – divinamente - la chitarra ed esercitava nella banda del paese.

D: Come proseguono gli studi?
R: Dopo la scuola media, morto mio padre, mia madre – viste le mie attitudini – mi  portò a Roma per studiare contrappunto e fuga con il M° Elena Barbara Giuranna.

D: Avendoti sentito suonare il pianoforte, ti chiedo quando l’hai studiato?
R: L’ho studiato, sempre a Roma, con il M° Rosati che, tra l’altro, si era così affezionato a me che alla sua morte mi ha donato tutti i suoi testi musicali e ancora  oggi gliene sono grato.

D: Mi dicevi un giorno che desideravi anche cantare, vero?
R: Sì, ho cantato soprattutto le arie antiche del Parisotti ed altro, ma solo per due anni.

D: I tuoi studi come si completano?
R: Mi sono diplomato in composizione.

D: La tua carriera di musicista come inizia?
R: Ho iniziato a dare lezioni di musica a Ginosa, il mio paese d’origine, in provincia di  Taranto.

D: In seguito?
R: A venticinque anni circa, sono venuto a Roma definitivamente e ho iniziato a collaborare con Garinei e Giovannini nel ruolo di coadiuvatore dei compositori delle  loro commedie musicali come “Alleluja brava gente” e “Ciao Rudy”. In contemporanea suonavo il pianoforte in complessi di musica leggera nei night  club e ho anche insegnato musica in una scuola statale a Ischia di Castro, vicino a  Roma. Tutto ciò fino alla pensione.

Bravo Angelo, sei un musicista multiforme che ha svolto un’intensa e brillante attività ed è giusto trovarti qui a Casa Verdi come Ospite, come tanti altri musicisti e cantanti! Grazie e ciao!

Intervista di Leonello Bionda

Angelo Bonamore

D: Dove sei nato?
R: A Milano.

D: Come mai “Angelo”?
R: Angelo era anche mio nonno materno.

D: Quando ti sei interessato alla musica?
R: In casa di mia zia Ernesta, vi era un pianoforte e io sono sempre stato attratto dallo strumento.

D: Hai quindi studiato il pianoforte?
R: Sì, dall’età di tredici anni ho preso lezioni da un maestro d’orchestra, pianista, di nome Luigi Togni.

D: Quindi studiando ti sei sempre più appassionato?
R: Certamente. Tuttavia il M° Togni si assentava spesso da Milano e, non potendomi seguire costantemente, mi ha affidato ad un’altra insegnante che invece mi dava lezioni costantemente in una scuola di porta Vigentina ho preso il diploma di teoria, solfeggio e pianoforte. Intorno ai sedici/diciotto anni, frequentavo la Galleria del Corso, luogo tipico di ritrovo di tutti gli autori ed interpreti di musica leggera (gli addetti alla musica classica si ritrovavano in Galleria Vittorio Emanuele!). Qui ho conosciuto tanti colleghi e con loro ho fondato un complesso musicale: “Milan Boys”, simile a quello di Peppino di Capri; io ero il capo orchestra, suonavo il piano e cantavo.
 
D: Come si sviluppò il tuo impegno?
R: Oltre a suonare, cominciai a comporre musica, iscrivendomi alla SIAE, sostenendo e superando esami piuttosto severi (non come succede oggi…).

D: Hai svolto attività anche all’estero?
R: Sì, ad Amburgo, Monaco, Wuppertal, Düsseldorf, Colonia.

D: Qui a Casa Verdi ti ho sentito nell’esecuzione di brani tuoi, nel pomeriggio dedicato ai cantautori e ho notato una tua certa vena melodica molto efficace. Infatti in quell’occasione hai ottenuto un buon successo. Ti piace di più suonare o cantare?
R: Tutte e due le attività. Mi ispiro principalmente a Bruno Martino, Luigi Tenco, Gino Paoli e Franco Califano. Il 31 luglio 1984 mi sono esibito in una serata ad Alassio dedicata a molti musicisti e il titolo era “Io, io, io e gli altri”. Ho ottenuto un grande successo; disponevo di un pianoforte a coda e ovviamente della mia voce! Inoltre ho accompagnato alcuni 
cantanti del festival di Sanremo, tra i quali Nilla Pizzi, in occasione della scomparsa del M° Cinico Angelini, al Teatro Carcano di Milano nel 1983, alla presenza della moglie. In merito a quella serata, desidero ricordare gli elogi che mi sono stati rivolti da Nilla Pizzi per come l’ho accompagnata nel suo brano più famoso, ovvero “Grazie dei fior”.

D: Hai fatto altro?
R: Sì, ho trasmesso le mie musiche su Radio Meneghina, ogni sabato mattina, e il pubblico interveniva telefonicamente facendo richieste e – devo dirlo – elogi!

D: Quindi la tua è stata una vita piena di successi e soddisfazioni e aggiungo che qui a Casa Verdi ti ho sentito suonare e cantare e sei ancora in forma! Vivi in questa Casa di Musicisti, quale mancanza senti?
R: Sento la mancanza del pubblico che trovavo nei locali tipo “La porta d’oro” e “Bar Sì” di Milano, oppure all’Hotel Hilton: pubblico che richiedeva brani e con il quale conversavo.

D: Come ti trovi qui a Casa Verdi?
R: Dopo un inizio problematico, per l’ambientazione in un settore musicale classico e lirico, mi sono adeguato e convivo suonando un po’ per me e un po’ per ricordare il mio passato, adattandomi e trovando negli Ospiti atteggiamenti carini anche nei confronti del mio mondo musicale,

Caro Angelo, oltre che un bravo musicista, sei un “sincerone” e per questo ti apprezzo doppiamente! Credimi: qui tutti ti vogliono bene e quindi in futuro ci aspettano tanti anni soddisfacenti! Grazie.

Intervista di Leonello Bionda

Giustina Favia

D. Dove e quando sei nata?
R. Sono nata a Brindisi il 9 luglio 1933.

D. La prima sensazione che la musica potesse essere la tua passione quando avviene?
R. A sei anni mio nonno Cosimo, viticultore, con stabilimento vinicolo, amante della musica, chiamò un professore perché io imparassi il pianoforte e la teoria musicale. Io però mi scocciai presto. In sostanza non mi faceva mettere le mani sulla tastiera.

D. Come prosegue il tuo apprendimento?
R. Cosimo, capendo la mia insoddisfazione, mi iscrisse al Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce che diata 30 chilometri circa da Brindisi.

D. Come ti sei trovata?
R. Molto bene. Facevo la teoria e il solfeggio con certi insegnanti e il pianoforte con un altro bravo docente. Mio nonno Cosimo volle però che prendessi il diploma al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma: cosa che feci e lì mi diplomai. Uno dei professori esaminandi mi chiese se volessi continuare a studiare con lui per intraprendere la carriera di concertista e accettai per sei mesi.

D. Dopo cosa successe?
R. Dopo questi primi mesi, tornai al Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce ove mi proposero di insegnare pianoforte.

D. Quindi?
R. Sempre i miei genitori - una volta comandavano completamente su di noi - per evitare i miei spostamenti da Brindisi a Lecce, mi suggerirono di dedicarmi all’insegnamento nell’Istituto Magistrale di Brindisi. Qui vi era una bella sala concerti e alla fine dell’anno scolastico si svolgeva il saggio ed io accompagnavo al pianoforte il coro delle mie classi.

D. Dunque tu hai rinunciato a diventare concertista e ti sei dedicata all’insegnamento della musica e del pianoforte. Quindi?
R. Insegnando privatamente il pianoforte, ho creato buoni pianisti, alcuni dei quali hanno intrapreso la carriera di concertisti.

D. Tutto questo sempre a Brindisi. Come prosegue la tua vita?
R. In un incontro in un club ove erano iscritti i miei genitori, durante una serata danzante, ho – eccezionalmente – fatto coppia fissa da ballo con un dirigente Montedison, friulano. E qui scoccò la scintilla!

D. Cosa successe?
R. In pochi mesi ci sposammo.

D. In una delle nostre conversazioni, mi dicesti che pur avendo tanti corteggiatori, non ti legasti mai concretamente a nessuno. Cosa aveva di speciale Cornelio, colui che diventò tuo marito?
R. Certo, era diverso dalla fauna locale! Aveva un buon carattere e poi era biondo, aveva gli occhi azzurri e un bel fisico.

D. Da tutto ciò cosa nacque?
R. Abbiamo avuto due belle bambine a distanza di dieci mesi, Romana e Roberta, che ora vivono a Milano e hanno formato due belle famiglie.

D. Sei sempre stata a Brindisi?
R. No. Quando le mie figlie dovettero frequentare l’università a Venezia, ci siamo trasferiti a Treviso e qui ho insegnato in un Istituto Magistrale. Quando mio marito andò in pensione, ci siamo trasferiti a Dardago, in provincia di Pordenone, in una magnifica casa in pietra di proprietà di mio marito.

D. Sei da non molto tempo in Casa Verdi. Come ti trovi?
R. Bene, anche se sento la nostalgia della mia grande casa e, essendo stata accettata abbastanza improvvisamente e velocemente, devo aggiornare il mio guardaroba stagionale…

Giustina, sei una gran bella persona. Sai giocare anche a burraco, sorretta anche dalla fortuna e, avendoti sentita suonare il pianoforte, sei anche una brava musicista! Ti saluto con simpatia e ti ringrazio.

Intervista di Leonello Bionda